Convegno “Il conflitto Russia-Ucraina: l’occasione per un’analisi sulla migrazione femminile dell’Est Europa” – 23 giugno 2023


Si è tenuto nella giornata del 23 giugno 2023, nella Sala conferenze Biblioteca di Montefiascone, un convegno dal titolo “Il conflitto Russia-Ucraina: l’occasione per un’analisi sulla migrazione femminile dell’Est Europa” tenuto dalla dott.ssa Paola Danesi.  Durante il suo intervento, la relatrice ha divulgato i risultati di un lavoro di ricerca quantitativa e qualitativa sulla situazione delle migranti dall’Est Europa residenti nel territorio della provincia di Viterbo e, in particolare, a Montefiascone. Sono, così, state analizzate le modalità con cui gli stereotipi di genere dei ruoli uomo/donna influenzano il percorso migratorio delle stesse migranti, delle loro famiglie e quanto questi percorsi contribuiscono a scardinare gli stereotipi di genere presenti sia nella cultura d’origine sia in quella d’arrivo.
Al convegno sono intervenuti anche i professori Massimiliano Nisati, Raffaella Cangi e Cristiania Panseri, dell’Istituto Universitario Progetto Uomo di Montefiascone, che hanno coadiuvato la ricerca.  In rappresentanza dell’amministrazione comunale era presente il Consigliere Michele Sances delegato ai rapporti con le università.

Convegno “Il Nuovo Ordine Mondiale” – 12 maggio 2023


Nella mattina di venerdì 12 maggio si è tenuto presso l’Aula Magna dell’Istituto Universitario Progetto Uomo il seminario dal nome “Il Nuovo Ordine Mondiale”.  Dopo i saluti iniziali e un particolare ringraziamento al Comune di Montefiascone e all’Istituto Dalla Chiesa per la partecipazione tra il pubblico di alcune classi dell’ultimo anno, il prof. Massimiliano Nisati ha presentato i relatori e gli argomenti che avrebbero affrontato nell’arco della mattinata. L’evento si è aperto con la proiezione di un video che scorreva immagini che rappresentavano la brutalità della guerra e i suoi effetti distruttivi nelle popolazioni che la subiscono, accompagnato dalla canzone cantata da Joan Baez “Where all the flowers gone” (Dove sono finiti tutti i fiori), un brano antimilitarista scritto negli anni ’50 dal cantautore Pete Seeger.

Il prof. Alessandro Ceci, docente presso l’Istituto Universitario Progetto Uomo, ha svolto un’analisi storica dei rapporti internazionali partendo dalla Guerra dei Trenta anni, la quale sconvolse l’Europa e che si concluse nel 1648 con la Pace di Westfalia, una pace che aveva l’intenzione di solidificare i confini stabiliti dalle potenze europee e nacque da quel giorno il concetto di Stato come lo intendiamo ancora oggi. Il prof Ceci, dopo un excursus storico delle quattro grandi rivoluzioni e degli eventi che hanno segnato la storia e che hanno decretato i criteri di osservazione della società, il criterio della sicurezza a seguito della I Guerra Mondiale, quello dell’equilibrio a seguito della II Guerra Mondiale, chiude il suo intervento lasciando la platea con una domanda, dopo la caduta del muro di Berlino e gli eventi e le guerre più recenti come l’attacco alle Torri Gemelle, la guerra in Afghanistan, in Iraq e quella in corso tra Russia e Ucraina, quale è il nuovo criterio?

Il dott. Michele Sances, PhD presso l’Uninettuno e Assessore al Comune di Montefiascone, ha illustrato gli aspetti peculiari del conflitto che vede coinvolte Russia e Ucraina analizzando in particolare l’elemento cardine del Diritto Internazionale, ovvero la guerra e l’uso della forza, regolamentato dall’art. 2 par. 4 della Carta delle Nazioni Unite. In seguito mostra come il 24 febbraio 2022 il presidente russo Putin, utilizzando il termine “Special Military Operation” implicitamente dichiara l’utilizzo della forza giustificandosi usando come pretesto le violazioni passate degli Stati Occidentali, il concetto di legittima difesa preventiva e l’aiuto che egli ha inviato alle repubbliche Donetsk e Luhansk, fino a due giorni prima del tutto inesistenti e quindi prive di effettiva sovranità e indipendenza, infine accusa l’Occidente di aver effettuato un intervento umanitario non legale dal punto di vista internazionale.

Il prof. Avv. Massimiliano Nisati, partendo dalla filosofia della politica, illustrando i due poli contrapposti di Hobbes e Locke sulla sovranità assoluta e i diritti naturali, è partito ricordando gli eventi più significativi della storia quali la Dichiarazione Universale del 1948, grazie alla quale i diritti umani perdono la loro accezione puramente filosofica ed entrano a pieno titolo nella politica attiva degli stati come asse portante, l’Atto finale di Helsinki del 1973, il quale portò alla creazione di una serie di organizzazioni che monitorano il rispetto e le violazioni dei diritti umani, fino alla politica estera di Jimmy Carter dal 1977 al 1981 per fare poi un passo indietro tornando alla pace di Westfalia per illustrare il nuovo assetto che da quel momento in poi ha preso la politica internazionale. Il punto centrale del discorso volge poi alla leicità o meno degli interventi umanitari, è lecito, come dicono gli scettici, portare avanti un intervento umanitario quando nasconde sempre un interesse secondario? O, come dicono i moralisti, è difficilmente condannabile dal momento che è un atto di natura etica? Oppure, citando i positivisti si può intraprendere solo se ci sono delle precise norme che lo regolamentano? Bisogna tener conto che qualsiasi intervento umanitario, anche se in difesa dei diritti umani, provoca sofferenze ad altri esseri umani, va posto quindi il problema della proporzionalità delle sofferenze, devono essere bilanciate sia quelle di chi sta ricevendo una violazione ma anche quelle di chi riceverà delle lesioni da quell’intervento.

Il dott. Paolo Raffone, esperto di Diritti Umani in America Latina in collegamento da Bruxelles, ha esposto nel suo intervento un’analisi strategica dei sistemi complessi dal momento che il mondo è un sistema complesso nel quale gli attori e gli agenti che lo compongono nel tempo si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Il sistema si è smosso, utilizzando le parole del dott. Raffone, a partire dagli anni ’90, ovvero con la fine della guerra fredda, ma già dagli anni ’70 il processo di decolonizzazione aveva portato una serie di gravi problemi nei paesi decolonizzati: le popolazioni si sono ritrovate spezzate in confini geometrici e scelti a tavolini all’interno dei quali non si riconoscevano. La stessa cosa è successo poi nel 1991 non solo a seguito dello scioglimento dell’URSS ma anche dopo la disgregazione della federazione Jugoslava, stavolta le grandi potenze occidentali hanno cercato di dare delle soluzioni più soddisfacenti e dignitose per le popolazioni di questi territori, tuttavia ancora una volta ha prevalso la stabilità del sistema e sono state messe in atto le stesse modalità di venti anni prima per la decolonizzazione. Questi territori si sono quindi ritrovati improvvisamente ad essere definiti “Stati” senza però avere nessuna esperienza in materia di statualità e gestione di governo, con il tentativo di aiutare questi stati a stabilire una gestione più sostenibile e liberal-democratica, a immagine e somiglianza dell’Occidente, in realtà si sono instaurate oligarchie locali a volte addirittura sostenute da paesi terzi che governano con l’uso della forza interna territori e popolazioni. Conclude affermando che oggi la situazione è cambiata, non solo il numero degli stati si è moltiplicato ma anche quello della popolazione mondiale infine, ma non per importanza, l’avvento del cyberspace, che per definizione non ha confini, ha reso la situazione odierna ancora più complessa.

L’ultimo intervento è stato quello dell’Ambasciatore e Delegato per l’Italia per le organizzazioni internazionali dott. Fabrizio Lobasso. Il concetto di diplomazia interculturale, ha commentato Lobasso, si è sempre tenuto distante dal concetto di persona e di essere umano, oggi invece si è finalmente arrivati alla consapevolezza che le relazioni internazionali cambiano a seconda del costrutto sociale di un preciso momento storico di uno stato, per cui l’essere umano prende quella centralità che gli spetta in tutta la sua complessità. È un processo che non funziona più solo in una dinamica “top-down” ma anche “bottom-up” concentrandosi anche sui fenomeni sociali, la società civile dei gruppi ma soprattutto sul fulcro che unisce tutti gli esseri umani, ovvero i valori. I valori finalmente vengono riconosciuti come universalmente uguali declinabili poi a seconda della cultura di riferimento. Bisogna quindi fare una riflessione che non sia ipocrita ma bensì serena sull’esistenza di un relativismo con una pulsione che lo porta all’universalismo in una dimensione etica, il dialogo in questo caso deve permettere all’essere umano di perdere qualcosa nella prospettiva di guadagnare qualcosa di più grande. Dentro ognuno di noi deve partire un processo che aiuti a sviluppare delle competenze trasversali e interculturali che sono alla base delle relazioni internazionali.

Fabrizio Lobasso ha concluso infine con una breve ma precisa analisi della situazione in Sudan, un conflitto oggi fortemente valoriale, dal momento che anche lil potere, in tutte le sue declinazioni, è un valore.

Infine, brevemente il prof. Ceci ha illustrato il lavoro che viene svolto dagli ospiti presenti dell’Agenzia Investigativa per la Sicurezza delle Informazioni, si occupano perciò di sicurezza e organizzazione criminale e studiano come la geopolitica e gli studi geostrategici vanno ad impattare le dinamiche di criminalità organizzata internazionale come ad esempio il traffico di droga.

Il seminario, dopo le domande dal pubblico sia da parte degli studenti che dei docenti, si è concluso con un’esibizione canora di Davide Pezzato, studente dell’Istituto Universitario Progetto Uomo e musicista di Montefiascone. Imagine di John Lennon è stata la perfetta conclusione di questa mattinata di riflessione non solo sulla geopolitica e sui conflitti internazionali ma sulle relazioni che stanno alla base delle politiche internazionali volte alla costruzione di pace, gli educatori, come ha detto una delle studentesse in un intervento dal pubblico, sono anche loro un po’ dei diplomatici, non si ritrovano a mediare conflitti internazionali, ma tutti i giorni nella quotidianità mediano conflitti interpersonali e interiori che vanno a toccare le persone e i valori. È necessario quindi educare alla pace in un senso più ampio, sviluppando un’educazione che tenda alla libertà.

Seminario “Logoterapia, orientamento alla vita e ricerca: tra psicologia e scienze dell’educazione” – 18 aprile 2023


Si è svolto il 18 aprile il seminario Logoterapia, orientamento alla vita e ricerca: tra psicologia e scienze dell’educazione” presso l’Istituto Progetto Uomo di Montefiascone. L’incontro ha messo in risalto la potenzialità applicativa del modello Logoterapeutico, esponendone i principi chiave e delineandone la ricchezza operativa.

Il termine Logoterapia indica letteralmente terapia del significato, cura attraverso il significato (Frankl, 2005): nella cornice dell’analisi esistenziale, questo approccio, ben allineato ad un contesto di orientamento Life designing, pone in risalto la necessità di riscoprire il senso e il significato (logos) della vita e dei percorsi individuali. In questo contesto, è stato presentato il gruppo di ricerca, composto da docenti e ricercatori dell’Università Salesiana di Roma, quali i professori Giuseppe Crea, Salvatore Grammatico e la dottoressa Sofia Cavallaro, e la prof.ssa Alda Picozzi come docente e ricercatrice dell’IPU. Sono state mostrate ricerche già svolte e altre ancora in corso, attive in particolare in ambito scolastico. Completava il seminario la presentazione del libro Logoterapia e psicodiagnosi, a cura di Giuseppe Crea e Aureliano Pacciolla, e come co-autrici e co-autore, tra gli altri, anche i relatori presenti. Particolare risalto è stato inoltre rivolto anche al libro Volontà di significato e autotrascendenza come sistema motivazionale interpersonale, del prof. Grammatico.

Con l’obiettivo di fornire spunti e riflessioni utili, gli argomenti presentati si sono allineati al modello di raccordo tra l’area psicodiagnostica e quella educativa, andando a convergere nell’elemento centrale della logoterapia, ossia nella valorizzazione della persona, degli aspetti positivi, esaltando le risorse, opportunità, aspirazioni, l’importanza della ricerca di senso dentro di sé e negli eventi della vita.

Seminario “Il counseling…questo sconosciuto! Caso di misoginia? Il processo Depp/Heard” – 25 novembre 2022


Il processo per diffamazione intentato da Johnny Depp contro l’ex moglie, l’attrice Amber Heard, ha portato alla luce messaggi di testo in cui Depp fantastica sull’omicidio della Heard e la denigra in termini misogini. La giuria ha stabilito che Heard abbia diffamato Depp, descrivendosi come vittima di abusi domestici, e ha ordinato alla Heard di pagare 15 milioni di dollari. Tuttavia, la stessa giuria ha stabilito che uno degli avvocati di Depp abbia diffamato la Heard accusandola di aver organizzato una falsa scena di abuso. Questa sentenza ha un effetto negativo sulle vittime di abusi domestici, che ora saranno intimidite dall’idea di parlare delle loro esperienze senza la minaccia di una causa per diffamazione. Nel corso del processo, Heard è stata accusata di mentire sulle sue accuse di abuso, con teorie del complotto che circolano su internet. Tuttavia, queste teorie non sono supportate da fatti. La convinzione dell’integrità di Depp persiste nonostante le prove. Questo caso dimostra che la colpa viene ancora attribuita alle vittime di abusi domestici e che la loro parola non viene presa in considerazione.

Il verdetto del processo per diffamazione tra Johnny Depp e Amber Heard ha sollevato molte questioni sulla parità di genere e sulla rappresentazione delle vittime di violenza domestica. Depp ha intentato una causa contro Heard per un articolo che l’attrice ha pubblicato sul Washington Post nel 2018 in cui descriveva se stessa come vittima di abusi domestici. Anche se l’articolo non menziona Depp, i suoi avvocati hanno sostenuto che si riferiva a lui e che era diffamatorio. La giuria ha stabilito che Heard avesse diffamato Depp, descrivendosi come vittima di abusi, e ha stabilito che uno degli avvocati di Depp l’aveva diffamata accusandola di aver organizzato una falsa scena di abuso. La sentenza ha l’effetto di punire Heard per aver parlato degli abusi subiti e di sancire i presunti abusi di Depp. Questo avrà un effetto negativo su tutte le vittime di violenza domestica che ora potrebbero sentirsi scoraggiate a parlare delle loro esperienze per paura di una causa per diffamazione. Durante il processo, molti hanno trattato Heard con disprezzo, accusandola di mentire sulle sue accuse di abuso e diffondendo teorie del complotto senza alcun supporto fattuale. Questo ha alimentato un falso mito che accetta qualsiasi crudeltà nei confronti di Heard. La sentenza ha anche mostrato che la colpa della vittima è ancora presente nella società e che le vittime di violenza domestica devono affrontare una difficile lotta per essere credute e protette.

Seminario “Inclusione e violenza. HIV: il “prendersi cura” nell’universo LGBTQIA+” – 23 novembre 2022


“L’omofobia nasce dalla scarsa informazione”. Esordisce con questa frase Angela Infante, attivista della comunità LGBT ed operante al Policlinico di Tor Vergata, solo ed esclusivamente con persone affette da HIV.

Si parla di inclusione e di violenza, che non debba essere necessariamente fisica, in entrambi i casi ed abbiamo avuto l’immenso piacere di confrontarci con lei su tutti e due i fronti.

La società odierna, meno rispetto al passato, ci porta ad essere naturalmente avversi alla malattia dell’ HIV.

Come spiega Angela, definirla con il termine “malattia” è una cosa a dir poco aberrante. Semplicemente, siamo abituati a contrarre diverse tipologie di infezioni attraverso i rapporti sessuali, ma sono tutte infezioni curabili e GUARIBILI. Questo è ciò che più spaventa: dall’ HIV non si guarisce, ci si convive.

L’AIDS (sigla di Acquired Immune Deficiency Syndrome) è stata per decenni una malattia incurabile e mortale, fino a quando, nel 1996, arrivò la terapia antiretrovirale.

Negli ultimi anni la ricerca è progredita a tal punto che oggi una persona sieropositiva, se opportunamente trattata, può tenere sotto controllo la sua condizione e persino renderla non trasmissibile.

Spesso Angela si trova di fronte a pazienti, o come lei ama definire amici, che giustificano il loro essere “normali” derivante da una società intrisa di omofobia, maschilismo e soprattutto disinformazione. Una discriminazione culturale, sociale e linguistica che – nonostante il progresso e il passare degli anni – fa sentire ancora oggi gli omosessuali o i malati di AIDS diversi dagli altri.

Una persona sieropositiva sente gravare su di sé un doppio pregiudizio che la porta spesso a nascondere la propria condizione, fino ad arrivare a percepirsi estranea alla società. Il primo è legato alla presunta incurabilità della malattia, per cui la persona sieropositiva teme di essere considerata dagli altri, dai suoi stessi amici, quasi un intoccabile.

Aspettativa poco piacevole, ma che trova terreno fertile in una informazione sull’ HIV spesso superficiale. Il secondo pregiudizio è quello nei confronti di una malattia classificata come ‘sessualmente trasmissibile’ e che negli anni Novanta veniva semplicisticamente associata alla popolazione omosessuale.

Una persona eterosessuale avrà quindi paura di essere considerata omosessuale, in una società che ancora troppo spesso è discriminante verso la comunità LGBT. Questo tipo di timore è reale, assurdo ma reale.

Tuttavia, il sentimento destabilizzante contro cui molte persone sieropositive lottano, e su cui si concentra parte del lavoro di Angela, è un altro: il senso di colpa. Nessun malato di nessuna malattia si sente in colpa per la propria condizione.

Molti sieropositivi, che tra l’altro non sono malati, si sentono in colpa.

Sentono di essersela andata a cercare. Quasi di meritare questo castigo.

Ciò è il risultato di un rapporto distorto tra sieropositivi e sieronegativi, delle reciproche aspettative degli uni sugli altri.

Per questo l’ HIV è qualcosa che coinvolge l’intera società.

Tornando alla frase sopra citata, tutto dipende dall’informazione.

La vergogna non dovrebbe essere sentimento dei sieropositivi, ma sentimento dell’Italia intera; un Paese che sa vivere solo nell’emergenza e si fa sempre trovare impreparato davanti alle tragedie umane e civili.

Se nel 2022 abbiamo ancora ragazzi giovani che, indipendentemente dai loro gusti sessuali, si infettano, vuol dire che non si è fatto nulla per far arrivare davvero il messaggio che bisogna proteggersi.

E’ dalle scuole elementari che bisognerebbe fare campagne di informazione in cui si spiega ai bambini che esistono per esempio le famiglie monogenitoriali, che ci sono donne che amano altre donne e uomini che amano uomini.

Invece, oggi i ragazzi arrivano alle medie completamente impreparati su questi temi e diventano vittime delle discriminazioni e dell’ignoranza.

“Seguo i pazienti nell’elaborazione di questa nuova condizione, caratterizzata purtroppo da un grande bagaglio di significati psicosociali, che una persona sieropositiva si ritrova d’improvviso addosso e che deve, quindi, imparare a gestire. Le persone sieropositive a Roma sono molte, questo vuol dire che ci sono giovanissimi, ragazzi nella prima età adulta, padri e madri di famiglia e persone che adesso entrano nella terza età. Lo spettro e la tipologia sono molto ampi, nonostante i luoghi comuni.

Ognuno è unico e diverso dagli altri, quindi ciascuno ha reazioni e approcci differenti.

Il mio lavoro è delineare un percorso comune e uno parallelo individuale, sostenere le persone in ogni tappa di questo cammino aiutandole a identificare ogni difficoltà, a cui va data una giusta dimensione e una possibile soluzione. Un passo alla volta. La difficoltà principale è riuscire ad affrontare tutto insieme il peso della condizione di sieropositività, perché è ancora troppo sfaccettata e troppo legata ad elementi esterni, alla società.”

Questa la missione di Angela e non solo.

Oltre alla sua attività in ospedale, l’altro grande impegno di Angela è il “Gay Center” con sede a Testaccio, di cui è presidente.
Bisogna andare oltre il tabù e capire realmente che cosa l’ HIV rappresenti oggi. Questo arricchirebbe tutti: uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali, sieropositivi e sieronegativi.
Siamo tutti sierocoinvolti!

“Le formiche non hanno le ali” incontro con l’autrice Silva Gentilini – 21 novembre 2022


Violenza domestica sulle donne: paura, senso di colpa o riscatto? Quante volte, in questi ultimi anni, abbiamo sentito pronunciare la frase “restate a casa”? Frase che incitava a rimanere al sicuro per tutelare noi e gli altri, per restare uniti di fronte ad una minaccia comune, senza alcun timore perché “protetti” dalle mura domestiche. Ci siamo mai chiesti, tuttavia, se le mura domestiche fossero veramente un posto sicuro per tutti? Molto spesso, infatti, la casa è il luogo in cui si consumano violenze fisiche e psicologiche su una donna da parte di un compagno, di un marito o addirittura di un padre. A questo proposito, qualche giorno fa, abbiamo avuto il piacere di incontrare la scrittrice Silva Gentilini, autrice del libro “Le formiche non hanno le ali”, autobiografia che racconta di un’infanzia e di un’adolescenza vissute col terrore del proprio padre. Un padre che minaccia, picchia, umilia e abusa, senza alcun motivo preciso, di quattro donne: Silvia, sua sorella, sua madre e sua nonna. Un padre che, anche dopo aver tentato il suicidio, torna inevitabilmente a seminare terrore ogni qualvolta varca la porta di casa.

La violenza domestica sulle donne è una piaga sociale rimasta a lungo tra le mura di casa, spesso per vergogna e quasi sempre per paura. Questi sono i sentimenti che hanno accompagnato Silva per lunghi anni, perfino quando si è compiuto l’atto più spregevole che una figlia possa subire da parte del proprio padre ovvero l’abuso sessuale con conseguente gravidanza.

Dalle parole dell’autrice e dalla sua esperienza di vita si evince di quanto la violenza subita possa avere effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di se stesse e dei propri figli. Oltretutto, i bambini che assistono alla violenza domestica, possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento.

Silva porta ancora con sé i segni del dolore e le paure di una bambina cresciuta troppo in fretta ma è una donna che ce l’ha fatta, che ha alzato la testa, che ha compreso che la vera paura risiede nella quotidianità e non nella voglia di denunciare e mettere fine ad un terribile incubo.

Da qui nasce spontanea una domanda: perché il paragone con le formiche? Lo spieghiamo con le parole dell’autrice:

«Quanto durava il tempo dei pugni e dei calci? Pochi attimi. Il resto veniva dopo. Un affanno di rabbia muta attraverso il corpo. E la voglia di urlare, di correre via, di cambiare identità… Assumere le sembianze di un gatto randagio, di un pesce rosso, di un fiore, di un sasso. Ancora meglio, di una formica. Le formiche hanno uno scopo fermo, inossidabile: prendono una mollica, un pezzetto di qualsiasi cosa e lo trasportano. Lo fanno a prescindere. Nessuno le ferma. Puoi schiacciarne una, ma quelle che restano non hanno paura. vanno avanti. Si riorganizzano. Ricominciano. Le formiche non hanno paura. Avrei voluto essere una formica.»

NON ABBIATE PAURA. DENUNCIATE. CHIEDETE AIUTO.

INSEGNATE AI VOSTRI FIGLI IL RISPETTO E L’AMORE.

Un ringraziamento speciale a Silvia Gentilini.